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Ci sono quelli che la tv è meglio del cinema, e quelli che il piccolo schermo non sarà mai come una sala con dolby surround. Quelli che hanno smesso di guardare film perché guardano troppe serie e quelli che usano ancora l’aggettivo “televisivo” come segno di disprezzo. Quelli che le serie sono il futuro e il cinema è morto, e quelli che restano scettici pure davanti a Mad Men. Ma grande e piccolo schermo sono legati a doppio filo, non solo perché sempre di audiovisivo si tratta, ma perché storie, registi e attori ormai migrano dall’uno all’altro come in un unico grande flusso. In questa nuova rubrica, gli amici di Mediacritica.it ci raccontano i film che fanno da punto di contatto: quelli da cui sono state tratte delle grandi serie e quelli che invece dalle serie sono nati. Oggi parliamo di una regione tra la luce e l’oscurità…
DALLA SERIE AI FILM
LA SERIE. There is a fifth dimension, beyond that which is known to man. It is a dimension as vast as space and as timeless as infinity. It is the middle ground between light and shadow, between science and superstition, and it lies between the pit of man’s fears and the summit of his knowledge. This is the dimension of imagination. It is an area which we call The Twilight Zone.
Siamo nella “zona del crepuscolo” o più semplicemente Ai confini della realtà. Una dimensione senza logica, senza ragione, senza spiegazione. Solo un incubo prolungato dove la paura, la solitudine e l’inspiegabile camminano insieme fra le ombre. Così descrive la sua creazione Rod Serling introducendo “Five characters in search of an exit“, episodio che di sicuro avrà visto Vincenzo Natali prima di realizzare The Cube. Il regista italo-canadese non è il solo ad aver preso spunto dal singolare immaginario della serie. Oltre ai remake cinematografici degli episodi – l’ultimo (dichiarato) è The Box di Richard Kelly – i riferimenti a The Twilight Zone si ritrovano in tantissimi film, serie tv, cartoni animati, videogiochi, libri e fumetti. Una serie entrata nella storia della tv grazie alla fantasia di Serling e alle sceneggiature di scrittori come Richard Matheson, Charles Beaumont, Ray Bradbury, George Clayton Johnson e Jerry Sohl (per citare i più importanti), capaci di portarci in una regione del fantastico che la fantascienza classica, agli inizi degli anni Sessanta, non aveva ancora esplorato. Storie ordinarie, differenti tra loro, hanno in comune spaesati protagonisti, improvvisamente catapultati in situazioni paradossali, dove la realtà si trasforma in un incubo kafkiano ribaltando la commedia in un thriller psicologico, la cronaca di una vita tranquilla in un angosciante dramma esistenziale. Restano nella memoria le introduzioni di Serling, le partecipazioni di grandissimi attori (da Buster Keaton a Dennis Hopper), i finali aperti e spiazzanti, spesso ironici moniti all’umanità, a volte riflessioni sociologiche sotto forma di allegoria, ma anche semplici giochi compiaciuti volti a sospendere la credulità di quegli spettatori che sanno lasciarsi condurre, senza indugi, nel mondo dell’immaginazione.
The Twilight Zone fa il suo esordio in tv il 2 ottobre 1959, sulla CBS (in Italia arriverà nel 1973). All’episodio pilota “Where is everybody?” ne seguiranno altri 155, per un totale di 5 stagioni che compongono la serie originale, conclusa nel 1964. Dopo l’uscita del film del 1983, la CBS promuove una nuova edizione (a colori) con 120 episodi trasmessi tra il 1985 e il 1989. Nel 1994, da due copioni inediti di Serling e Matheson, esce il film per la tv Twilight Zone: Rod Serling’s Lost Classics. Passano otto anni e la rete UPN rilancia la serie con la collaborazione dall’attore Forest Whitaker che presenta 44 nuovi episodi. L’ultimo va in onda il 21 maggio 2003.
IL FILM. John Landis, Steven Spielberg, Joe Dante e George Miller. Sulla carta, impossibile trovare registi più adatti cui affidare The Twilight Zone: The Movie. Impegnati ciascuno in un episodio, Landis è l’unico a presentare uno script inedito (e il prologo). Nonostante ciò, il suo “Time Out”, è forse il più rappresentativo dell’atmosfera e dei temi che caratterizzavano la serie. Gli altri tre sono classici riadattati, come volle la produzione. Forse non tra i più celebri e riusciti (soprattutto quelli scelti da Dante e Spielberg) ma buoni esempi della verietà narrativa offerta da Serling. Spielberg aggiunge un tocco di poesia ed una più tenera visione della vecchiaia a “Kick the Can”; Joe Dante gioca con gli effetti speciali dei cartoni animati per esaltare la “creatività” del piccolo Anthony di “It’s a Good Life”; Miller rende ancora più claustrofobico l’incubo in volo di “Nightmare at 20.000 feet”. I quattro dimostrano di saper sfruttare al meglio la loro inventiva ricreando fedelmente lo spirito che animava la serie degli anni Sessanta. L’unico problema è che il tutto funziona a patto di conoscere bene quanto già visto in tv, molto meno se si valuta il prodotto finale lontano da dove concepito. L’impronta celebrativa e autoreferenziale, chiara sin dal prologo, e seppur legittima, lo rende difficilmente apprezzabile a chi meno familiare con lo show televisivo. Soprattutto la suspence si perde nella discontinuità stilistica e concettuale degli episodi che, anche se più vivaci degli originali, non risultano, nel loro insieme, una perfetta opera corale. In sostanza, si tratta di un vero e proprio omaggio fatto da fan appassionati, un divertissement da prendere esclusivamente come tale. Il film è oggi celebre, suo malgrado, per la terribile vicenda (davvero ai confini della realtà) capitata sul set al protagonista del primo episodio Vic Morrow. Interpretava la parte di un cittadino americano razzista su cui il destino si vendica rimandandolo indietro nel tempo, in epoche diverse, per essere prima fucilato dai nazisti, poi catturato dal Ku Klux Klan e infine fatto saltare in aria da una bomba a mano “amica” durante la guerra in Vietnam. In quella che doveva essere l’ultima giornata di riprese, morì decapitato dalle pale di un elicottero fuori controllo, insieme ai due bambini con lui in scena. Non riuscì mai a pronunciare le ultime battute del suo copione: “I’ll keep you safe, kids. I promise. Nothing will hurt you, I swear to God”.
EXTRA
- Tre nuovi progetti, di cui si conosce ancora poco, sarebbero già in lavorazione: la casa di produzione di JJ Abrams ha acquisito i diritti di “The Stops Along the Way”, ultima sceneggiatura scritta da Serling prima di morire. Bryan Singer sta valutando con la CBS la possibilità di girare un reboot della serie. Leonardo Di Caprio, per la Warner Bros, proprietaria di due racconti di Serling, prepara un lungometraggio che lo vedrebbe interpretare un astronauta rientrato sulla Terra dopo 96 anni in orbita.
- Tra gli attori della serie classica figurano Mickey Rooney, Art Carney, Ida Lupino, John Carradine, William Shatner, Burt Reynolds, Robert Duvall, Lee Marvin, Donald Pleasence, James Coburn, Charles Bronson, Peter Falk e Robert Redford.
- Nella nuova versione del 1985 compaiono Bruce Willis, Morgan Freeman, Helen Mirren e Martin Landau. Wes Craven dirige più episodi, partecipano anche William Friedkin, Atom Egoyan e lo stesso Joe Dante. Vengono riadattate alcune sceneggiature di George R.R. Martin, Stephen King e Arthur C. Clarke.
- Dopo The Twilight Zone, Serling mette insieme tre racconti per preparare l’episodio pilota di Night Gallery, serie tv in 3 stagioni, che viene trasmessa dalla NBC dal 1970 al 1973. Spielberg gira la seconda parte del pilot e l’ottavo episodio della prima stagione.
- Quella che ancora oggi è forse la più famosa sceneggiatura “ai confini della realtà”, Serling la scrive con Michel Wilson nel 1968. Il film è Il pianeta delle scimmie.
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