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Disclaimer: QUESTO ARTICOLO NON CONTIENE SPOILER. I due articoli dedicati all’episodio differiscono per alcuni piccoli dettagli. Quello rivolto ai lettori, infatti, presenta in più punti considerazioni sugli sviluppi della vicenda che rischiano di rovinare la visione a chi già non conosce l’opera letteraria. Andate pure a sbirciare dall’altra parte se non siete sensibili agli spoiler. Lettori: se volete commentare anche questa recensione, state ben attenti a non rivelare nulla di quanto avviene nel prosieguo di A Storm of Swords. Buona lettura!
Dopo l’evocativo e puntualissimo recap della season premiere, il non facile compito di commentare questa sorta di seconda parte dell’apertura stagionale tocca a me, che per finezza d’intelletto e stile narrativo mi avvicino sicuramente di più alla casata qui protagonista, gli Stark. Come in molti prospettavano (temevano?) di fatto Dark Wings, Dark Words è una sorta di continuo dell’inizio della terza stagione, incentrata sui personaggi trascurati dal primo episodio.
La contrapposizione più evidente dell’episodio vede ancora una volta i giovani Stark superstiti incarnare una certa ingenuità, o quantomeno mancanza di malizia rispetto ai personaggi che qui appaiono per la prima volta. Di fatto le vite dei figli di Ned sembrano ancora in fase di stallo (o peggio, di lento ripetersi di dinamiche già viste), nonostante ci si sarebbe potuti aspettare sviluppi ben più drammatici dopo la distruzione di Winterfell e lo sparpagliarsi dei suoi eredi per tutta Westeros.
Così Robb viene costretto all’ennesimo diversivo lontano dai campi di battaglia a causa della morte del nonno, diviso tra i tentativi della neo-moglie di tirargli su il morale e le lapidarie asserzioni di sconfitta annunciata dei suoi seguaci. Yawn.
Provata dal lutto e dall’ennesima possibile perdita tra la sua prole, Catelyn è ben più incisiva, dimostrando come il suo essere madre (o fallire nel ruolo) sia centrale nella sua vita, ben oltre il motto della sua casata.
Chissà come sarebbe sollevata nello scoprire che una figlia che lei crede al “sicuro” a King’s Landing e che nella capitale credono morta o dispersa si aggira nella zona, perpetuando un piano di ricongiungimento che si è dimostrato ampiamente fallimentare già nella seconda stagione. Arya però rimane dell’idea che girare nel mezzo di territori squassati dalla guerra con la sola compagnia di Hot Pie e Gendry non sia poi così suicida, salvo poi incappare poco dopo in Thoros di Myr (Paul Kaye) e (finalmente) in un manipolo di uomini della Brotherhood Without Banners. Chi sono? Cosa vogliono? Costituiranno un pericolo o una salvezza per la piccola Stark propensa a uscite roboanti? Per ora sappiamo solo che hanno doti di combattimento notevoli, un leader incline al canto (questa ve la ricordate no?) e con dei trascorsi con Sandor Clegane. La speranza è che lo svelamento dell’identità di Arya dia una sterzata a questa storyline.
Se Arya sembra non aver ancora imparato a tener a freno la lingua, Sansa non riesce più a trattenere il disgusto e la rabbia verso Jeoffrey e la sua maschera crolla alla presenza della seconda new entry della settimana, Lady Olenna Redwyne. Diana Rigg interpreta una sorta di Violet Crawley di Westeros, impegnata a rimbrottare contro la servitù e a saggiare il terreno alla ricerca d’informazioni, senza lasciare nulla d’intentato, neppure il dessert preferito della sua preda. Sansa avrà anche imparato a caro prezzo a dissimulare, ma la sua ingenuità di fondo viene manipolata a piacimento da Nonna Tyrell e dalla sua allieva più solerte, Margaery. Non che la volubilità di Jeoffrey non metta in difficoltà pure lei, ma la maestria con cui Margaery si relaziona con “il mostro” armato di balestra e ne va a stuzzicare precisamente la perversione voyerista di morte e sofferenza dimostra che Cersei avrà parecchio filo da torcere con la futura nuora e i suoi abiti discinti.
Anche a Bran e a Rickon (prima che scappi fuori campo, ovvio) spetta un’aggiunta di cast, anzi due: Jojen (Thomas Brodie-Sangster) e Meera Reed (Ellie Kendrick), accorsi in aiuto dei piccoli Stark dopo che il ragazzo ha rilevato al padre di aver visto in sogno la morte dell’amico Ned Stark. Qui si va a rimediare uno dei tagli più significativi rispetto alla saga letteraria, ovvero quello onirico. Grazie alle spiegazioni del saputissimo Jojen e alla parallela esperienza del sempre “you know nothing” Jon Snow tra i wildings, capiamo meglio la condizione di Bran, che ha non solo le abilità di uno warg (capace di entrare nella mente di alcuni animali e controllarne le azioni), ma anche un legame particolare con il corvo a tre occhi che tormenta i suoi sogni. Siamo sicuri che appena gli verrà garantito altro minutaggio, Jojen non mancherà di spiegarci in maniera più o meno criptica in che senso “il corvo è Bran”, mentre Rickon trotterella sullo sfondo.
Nonostante appaiano in versione ridotta, sono comunque i Lannister a fare la parte del leone (ops), o quantomeno Jaime. Mentre Tyrion è impegnato in un non proprio memorabile scambio di schermaglie amorose con Shae e Cersei in modalità futura suocera non perde occasione di fare la acida, Jaime dimostra ancora una volta un’affascinante miscuglio di schiettezza e arguzia ai danni della povera Brienne, che è una Stark onoraria, quantomeno per ingenuità. Così, con poche agili battute, Jaime si dimostra ancora una volta membro del gruppo dei manipolatori, estorcendo quanto vuole sapere da Brienne, e anche di più, e intuendo facilmente la sua cotta per Renly. Tuttavia a differenza del figlio, non si permette facili giudizi, ricordando (anche a se stesso) che non si può scegliere chi si ama.
Dobbiamo a Jaime Lannister anche l’unica sequenza d’azione vera e propria della puntata, perché lui e Brienne non si limitano a sguainarle, queste benedette spade! Peccato che in questo frangente tanto atteso, a mio parere, la regia e il montaggio vanifichino il risultato, rendendo la scena ben più “costruita” di quanto doveva e poteva essere.
Dark Wings, Dark Word sta tra il Meh e l’Ok, salvandosi perché le new entry promettono faville e svolte consistenti a livello di trama. Il problema è che di promesse i neofiti potrebbero già essere stufi, mentre i lettori potrebbero direttamente morirne. A chi era qui nella speranza di assistere ad azione!, combattimenti!, squartamenti!, rivolgo il mio sincero affetto.
Insomma, Game of Thrones al momento sta sfruttando molto la fiducia e l’hype che riponiamo in questo titolo, ma questo giochino non può durare ancora a lungo.
- Non è che mi sia dimenticata di Sam, è solo che non mi andava di essere l’ennesima persona a infierire sulla sua autostima.
- I fan degli squartamenti e dell’azione si consolino con questa foto dettagliata del cava-alluci (il cui nome meno evocativo pare essere torture boot) sperimentato su Theon Greyjoy, di cui sicuramente si tornerà a parlare quando la sua storyline includerà più di qualche minuto d’atroce tortura ancora senza un indirizzo preciso.
- Vi ricordo che QUI, come ogni settimana, potete trovare un breve approfondimento sui temi della puntata, con interviste e dietro le quinte.
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