
Disclaimer: Ciao. Questo articolo è esattamente identico all’altro che compare in home; l’unica differenza è che qui commenta chi NON ha letto i libri di George R. R. Martin della saga A Song of Ice and Fire e può solo fare ipotesi, non spoiler, sull’avanzamento della trama.
Per spiegarci meglio: abbiamo infatti deciso di seguire l’esempio di The A. V. Club e sdoppiare l’articolo per consentire a tutti di discutere in tutta tranquillità dell’episodio, senza preoccuparsi di spoiler che possano rovinare la visione della serie. Pertanto, i commenti in calce a questo articolo sono riservati solo agli utenti che non hanno letto i romanzi da cui è tratto lo show. Nessuno spoiler sarà tollerato.
Mi disturba un po’ cominciare la recensione di questo quarto episodio riprendendo le fila di un discorso cominciato nel terzo. Mi disturba perché, al di là della gestione della storyline di Jaime, va detto, questo sarebbe probabilmente stato un episodio da Fuck Yeah. Invece non lo sarà, e mi sembra giusto motivare il fatto, anche se, dal momento che la questione è già stata abbondantemente sviscerata nel recap (e relativi commenti) dello scorso episodio (nonché praticamente ovunque online), cercherò di essere quanto più possibile breve e sintetica.
L’evidenza data da questo episodio di come la scena fra Jaime e Cersei in Breaker of Chains non fosse, in definitiva, da considerarsi uno stupro, getta un’ombra nera e lunghissima sul modo in cui quella specifica scena è stata scritta. Ero fra coloro che l’avevano interpretata come una violenza – di più: ero fra quelli onestamente stupiti che una scena simile potesse essere interpretata, tanto mi era sembrata chiara la dinamica dei fatti. L’idea che qualcuno possa avere scritto una scena come quella tenendo ben presente che non si trattava, in realtà, di una scena di violenza (come dimostra la gestione di Jaime in Oathkeeper, tornato praticamente l’onesto brav’uomo che aveva cominciato ad essere già nella stagione scorsa) mi fa onestamente rabbrividire, ed è stato un disagio che purtroppo mi ha accompagnato durante la visione di tutte le scene che hanno avuto Jaime per protagonista.
Un peccato, perché due di esse sono, a mani basse, fra le scene migliori e più intense che questa quarta stagione abbia offerto fino ad ora. Mi riferisco, naturalmente, alle interazioni del Kingslayer con suo fratello Tyrion, ancora in attesa del proprio processo dagli esiti così apparentemente ovvi, e con la sempre splendente di luce propria Brienne of Tarth, che fornisce il titolo (per una volta davvero azzeccato) all’episodio. Due scene puramente introspettive, che attraverso dialoghi semplici, ma sentiti e non banali, sommati all’ulteriore scena in cui si insiste ancora una volta su quanto sia differente l’interazione fra Jaime e Cersei da quando lui è tornato a King’s Landing, mettono nuovamente Jaime e l’evoluzione del suo personaggio al centro della narrazione.
Che sarebbe una cosa bellissima, se non si fosse passati per una scena come quella dello scorso episodio, e che sembra non avere lasciato conseguenza alcuna in nessuno dei due protagonisti. Prese a sé, tutte le scene che hanno visto protagonista Jaime in Oathkeeper sarebbero state quasi al livello della famigerata scena della vasca da bagno in Kissed by Fire, uno degli episodi più belli della scorsa stagione. Purtroppo, l’ombra gettata su Jaime da Breaker of Chains depotenzia la validità di tutte queste scene, ed è un vero peccato.
Fortunatamente, però, l’episodio non si riduce solo a questo. Anzi, specialmente per la media di Game of Thrones è un episodio ricchissimo, soprattutto di rivelazioni, e su più fronti.
La prima in ordine di apparizione è Daenerys. Abbiamo tutti un po’ lamentato la ripetitività delle sue scene, e il modo in cui sembrava che l’attuale storyline della giovane Targaryen non avesse più molto altro da offrire oltre a ribadire l’ovvio con ostinazione un po’ fastidiosa: Daenerys è l’eroina dei deboli, Daenerys è contro la schiavitù, Daenerys vuole un mondo di uomini liberi (che possibilmente la idolatrino e combattano per lei con la passione di una guerra santa), per questo motivo Daenerys gira il mondo alla ricerca di città di schiavi da conquistare e liberare prima di poter partire (prima o poi) alla volta del trono che sente proprio di diritto. Ed anche la scena che apre questo episodio, in fondo, non fa che ribadire questi concetti, aggiungendo però qualcosa di nuovo, gettando per la prima volta su Daenerys un’ombra che rende il suo personaggio appena più complesso. “Sometimes it is better to answer injustice with mercy,” la ammonisce Ser Barristan quando capisce quali sono le sue intenzioni nei confronti dei padroni sopravvissuti al massacro che ha portato alla conquista di Meereen. “I will answer injustice with justice,” risponde Daenerys, prima di far crocifiggere quegli stessi padroni come erano stati crocifissi i bambini per indicare la via verso la città.
Fino a questo momento, Daenerys era stata una figura quasi completamente positiva, una giovane donna assetata di giustizia, con una visione chiara, dei valori altissimi nei quali era molto facile rispecchiarsi anche da un punto di vista moderno. La Daenerys di cui Oathkeeper ci mostra un assaggio è un personaggio palesemente meno perfetto di quanto non fosse stato fino ad ora, un personaggio le cui vicissitudini potrebbe essere molto più interessante osservare.
Non è finita qui, comunque: Benioff e Weiss scelgono (intelligentemente) di non tergiversare oltre sulla partita di Cluedo ancora in corso circa la morte di Joffrey, e mettere subito le carte in tavola. È stata nonna Tyrell, grazie al prezioso aiuto di Littlefinger (e di qualcun altro?) ad organizzare tutto. Come esplicita Littlefinger stesso: “A vicious boy with a crown on his head is not a reliable ally. And who could trust a friend like that?”
Certamente il giovane Tommen, equilibrato e serio ma soprattutto molto più facilmente manipolabile (sia da nonno Tywin che da Margaery stessa), sarà un amico di gran lunga più affidabile rispetto a quanto Joffrey non avrebbe mai potuto essere.
L’ultima rivelazione dell’episodio è sicuramente la più affascinante, quella che, peraltro, riporta i sentieri narrativi verso la strada del fantasy più propriamente detto, abbandonando gli intrighi di corte per trasferirsi nel ghiaccio perenne al di là della Barriera, nel mondo degli zombie congelati di cui, fino a questo momento, ci erano stati offerti solo assaggi a tratti intriganti e a tratti frustranti. In chiusura di quest’episodio scopriamo invece finalmente che fine hanno fatto tutti i figli maschi che Craster ha abbandonato nel corso degli anni: sono finiti ad ingigantire le fila di quest’esercito sovrannaturale ormai pronto a marciare oltre la Barriera, portando un inverno che ormai ci viene promesso da quattro anni.
Al netto di quanto discusso in apertura di recensione, Oathkeeper è stato un episodio soddisfacente, denso e prodigo di informazioni interessanti sia per quanto riguarda il procedere della storia che per quanto riguarda l’introspezione dei personaggi. L’auspicio è che il resto della stagione si muova lungo queste stesse linee.
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