![game of thrones 405 neofiti](http://www.serialmente.com/wp-content/uploads/game-of-thrones-405-neofiti-400x220.jpg)
Disclaimer: Ciao. Questo articolo è esattamente identico all’altro che compare in home; l’unica differenza è che qui commenta chi NON ha letto i libri di George R. R. Martin della saga A Song of Ice and Fire e può solo fare ipotesi, non spoiler, sull’avanzamento della trama.
Per spiegarci meglio: abbiamo infatti deciso di seguire l’esempio di The A. V. Club e sdoppiare l’articolo per consentire a tutti di discutere in tutta tranquillità dell’episodio, senza preoccuparsi di spoiler che possano rovinare la visione della serie. Pertanto, i commenti in calce a questo articolo sono riservati solo agli utenti che non hanno letto i romanzi da cui è tratto lo show. Nessuno spoiler sarà tollerato.
Sulla soglia della seconda metà di stagione, succedono cose in Game of Thrones. Affermazione non scontata per una serie ciclicamente accusata di trascinarsi stancamente verso l’episodione (il nono), quello meritevole di reaction videos, vivacchiando nell’attesa. Questa domenica invece sono già fioccate le rivelazioni, a poco più di metà serie. Si sente persino del clangore di spade, stavolta non per addestramento ricreativo.
First of His Name non può fare le veci dell’episodio-apice, incappando ancora in qualche lungaggine che rende altalenante il ritmo effettivo dell’episodio. Non si può negargli di aver finalmente smosso le acque, dando allo spettatore la sensazione che l’eterno equilibrio tra vicende e personaggi che condannava la serie alla stasi si sia finalmente interrotto.
“First of His Name” è innanzitutto un episodio di re e regine. Tommen Baratheon viene incoronato nuovo re dopo la lunga serie di orrori che ha falciato i suoi predecessori. La sua bontà d’animo e mitezza sono motivo di preoccupazione per la facilità con cui Tywin e Margaery hanno già dimostrato di poterlo manipolare, ma ne fanno anche il primo sovrano “decente” dopo una lunga serie di pazzi psicotici e crudeli.
Se Tommen è un poco più di un burattino benintenzionato che lascia come unico mistero quello di scoprire chi ne assumerà il controllo, la decisione di Daenerys Targaryen di regnare sulla baia degli schiavisti ha ben altra portata nell’economia della serie. Assoggettare le tre potenti città schiaviste si è rivelato più semplice (e noioso) del previsto, ma imporre il proprio volere in maniera duratura è tutta un’altra storia. Il ritorno dei soprusi al suo allontanarsi le ha insegnato un’amara lezione: regnare non è solo una questione di lignaggio o draghi. Per la prima volta la granitica convinzione di Daenerys di possedere quel quid reale per il trono di spade vacilla, di fronte al fallimento della sua riforma sociale. Persino con novantré navi, un esercito ben addestrato, una schiera di consiglieri esperti e tre draghi la conquista di Approdo del Re non è certa e quella dei Sette Regni rimane fuori portata. Daenerys rinnega momentaneamente quel “Not a queen, a khaleesi“. Sarà pure nata dalla tempesta e madre di draghi, ma ora realizza la sconsideratezza di dare per scontate le sue qualità di regnante. Per ora si dedicherà all’abolizione permanente della schiavitù. Il che sembrerebbe un fatale stand-by della sua linea narrativa, sperduta dall’altra parte del mondo conosciuto senza neppure l’ambizione di arrivarci, al centro dell’azione, se non fosse per quell’ombra draghesca sulla capitale vista da Bran.
Tywin Lannister può quindi tirare un sospiro di sollievo. Il che non vuol dire che sia sfaccendato, come rivela la sua chiacchierata con Cersei. Nota: ho adorato come di default lui le versi da bere come già Tyrion in passato, perché una Cersei senza vino a portata di mano è semplicemente inconcepibile. Sarà anche un brutale mondo medioevale, ma anche qui la finanza ricopre un potere occulto (La finanza! Le banche! La crisi! Il debito pubblico! Lo spread!) e, dopo Davos, anche il re nell’ombra si ritrova a fare i conti con la banca di ferro di Braavos, una sorta di stampella finanziaria della corona e dei Lannister. Il che getta nuova luce sull’effettiva capacità di regnare di Tywin. Un padre terrificante, ma ha vinto una guerra contro una pletora di aspiranti re tirando dalla sua parte gli alleati danarosi, spingendo altri a compiere i tradimenti necessari mentre lui rimaneva nell’ombra, senza vedere l’ombra di una pepita d’oro in tre anni. Ovvero senza quello che dovrebbe essere il punto di forza della sua casata, la smodata ricchezza. Seconda nota: per Tywin e Cersei l’intervallo temporale atto a preservare le apparenze e conservare la decenza tra un matrimonio risoltosi con un regicidio e il successivo col fratello minore è di due settimane.
Un Tywin più espansivo del solito fa confidenze a una Cersei Lannister sobria, sia per tasso alcolemico sia per interscambi verbali. Tornata dolorosamente ad essere regina reggente, Cersei continua a lavorare per inchiodare il fratello, ma la sua azione coercitiva è più smussata, tanto da incassare in silenzio l’ennesima allusione di Margaery al fatto che potrebbe essere sua madre. Sull’orgoglio e l’alterigia del suo carattere qui domina l’amore materno, lo struggimento per un figlio perduto che la porta a smuovere persino un lannisterofobo come Oberyn Martell. Lena Headey fa un ottimo lavoro con una Cersei disillusa (quello splendido e cupissimo voglio credere che Myrcella sia felice), nel cui cuore colmo di oscurità regna su tutto incontrastato l’amore per i figli sempre più in lontani dalla sua protezione.
Più che disillusa, Sansa Stark è ormai disperata, finita delle grinfie di una zia che la notte urla come un’aquila (pun intended) a suggellare il suo matrimonio con Petyr Baelish, la più recente e inquietante aggiunta alla lunga lista di donne che la torturano psicologicamente e le combinano matrimoni con giovani sadici. Di Lysa Arryn e del suo orrendo figlio non credo qualcuno abbia sentito la mancanza, ma qui funge da espediente narrativo prodigioso. I suoi repentini cambi d’umore e la sua psicotica ossessione per Ditocorto la rendono il vettore perfetto per sganciare la bomba (è stato Petyr a scatenare, di fatto, l’intera vicenda) senza farla sembrare uno spiegone. Quel piatto di dolcetti ipercalorici e quell’insistenza portano Sansa a disperarsi per la stupidità (o il bisogno?) di credere autentici il calore e la sicurezza del suo nuovo rifugio. C’è quasi da rimpiangere Cersei sbronza. #TeamSansa
Chiusa la lunga parentesi di re, regine e wannabes, passiamo al Nord, foriero delle spade insaguinate della settimana. Jon Snow non sa nulla e rimane beatamente incosciente della serpe in seno che portata con sé al raid contro i traditori che soggiornavano nell’abitazione di Craster. Inconsapevole team leader dei corvi, dimostra sempre più di poter diventare la figura ispiratrice di un’ordine totalmente impreparato a ciò che sta arrivando.
Ancora una volta due Stark si mancano di pochissimo, separati da un esaltante Hodor Unchained (copyright di Anastasia) che trae d’impiccio il gruppo in cerca del corvo a tre occhi. Anche se sono soddisfatta dall’impatto più significativo della parte onirico-visionaria della storia, a tratti rimane quel retrogusto di gita di piacere di nobili che se le vanno a cercare, una sorta di incipit pessimo da film horror in cui un po’ speri che qualcuno dimostri loro che non è proprio questa ideona, andarsene a spasso oltre la barriera.
In coda rimane giusto il tempo di una rapida parentesi per i Compagnoni. Da una parte Sandor dimostra alla”figlioccia” la fragilità degli insegnamenti del suo amato maestro di spada (una scena che è un contraltare al duello quasi perso da Jon). Ahhh, Sandor, quanta pazienza con questi Stark! Dall’altra una Brienne con uno degli intinerari più approssimativi di sempre (Sansa che se ne va da sola alla barriera dal suo amato fratellastro, ahahah) alle prese con uno scudiero che non sa nemmeno scuoiare un coniglio. Le coppie peraltro sono anche speculari per fisicità e temperamenti. Se e quando le loro linee narrative arriveranno a un capolinea non è dato sapere, perciò nell’attesa conviene divertirsi come si può.
Meno indulgente e più proattivo rispetto allo stesso punto della scorsa stagione ma ancora poco omogeneo tra rivelazioni e personaggi in stand-by. Ha catturato di nuovo l’interesse che era un po’ scemato, ma non sono ancora incollata sulla sedia.
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