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Game of Thrones – 4×03 – Breaker of Chains (Neofiti)

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Disclaimer: Ciao. Questo articolo è esattamente identico all’altro che compare in home; l’unica differenza è che qui commenta chi NON ha letto i libri di George R. R. Martin della saga A Song of Ice and Fire e può solo fare ipotesi, non spoiler, sull’avanzamento della trama.
Per spiegarci meglio: abbiamo infatti deciso di seguire l’esempio di The A. V. Club e sdoppiare l’articolo per consentire a tutti di discutere in tutta tranquillità dell’episodio, senza preoccuparsi di spoiler che possano rovinare la visione della serie. Pertanto, i commenti in calce a questo articolo sono riservati solo agli utenti che non hanno letto i romanzi da cui è tratto lo showNessuno spoiler sarà tollerato.

Quando arriva l’inverno, esiste una fortezza che offra un rifugio sicuro? Ha senso affidarsi alla protezione divina, rinchiudendosi nel Tempio di Baelor in cui Tywin interroga il nipotino sui requisiti che un re deve possedere per sopravvivere al gioco dei troni? La via della religione viene scartata subito, ma anche le altre opzioni appaiono poco convincenti; persino la risposta finale del Lannister è un trucco per controllare l’ingenuo ragazzo, e dunque una non-risposta. La questione può essere estesa alla pericolosità di tutto il mondo di Game of Thrones, che parla di intrighi politici ma anche di molto altro. Non lo sto dicendo come elogio alla serie, bensì come neutra constatazione dei fatti. E’ un prodotto che potenzialmente ha parecchio da dire, ma sul fatto che riesca a farlo bene c’è da discutere, specie in un episodio problematico come Breaker of Chains.

Ma torniamo all’arrivo dell’inverno. A chi mi dirà con una malcelata impazienza che questo benedetto inverno alla quarta stagione non è ancora arrivato, rispondo che invece si sbaglia, perché l’inverno meteorologico non è altro che il culmine dell’inverno inteso in senso più ampio. La vera stagione invernale di Game of Thrones è l’autunno, periodo del cambiamento, delle sfumature e dell’instabilità, che mette fine ai bei tempi passati e a tutte le rassicuranti certezze che li accompagnano.

 THE WORLD IS OVERFLOWING WITH HORRIBLE THINGS

Per la Casa Stark l’inverno è già arrivato da tanto. Tre membri della famiglia sono stati spazzati via dai gelidi venti e i sopravvissuti sono costretti a una profonda trasformazione. E’ di questo che parla una delle scene più riuscite della puntata, in cui Sansa si trova faccia a faccia con il suo vero salvatore: Petyr Baelish, ricomparso dopo molte puntate di assenza. Il loro dialogo rappresenta l’apice del processo di disincanto di Sansa: pur essendo stata la morte dei genitori ben più devastante, per scollarsi di dosso ogni residuo frammento di illusione occorre scoprire che persino dietro al più modesto atto di gentilezza, come il dono di una collana poi simbolicamente frantumata, si nasconde il piano di un astuto manipolatore. E se le cose stanno così, è prevedibile che ogni speranza di aver trovato un eroe valoroso pronto ad aiutarti (sia esso un ridicolo giullare o un real warrior dal viso ustionato a cui chiedi protezione contro i briganti) finisca per sbattere contro intenti tutt’altro che altruistici.

Anche altri valori, come la giustizia e la religione, si sgretolano all’arrivo dell’inverno mentre Tywin Lannister resta sullo sfondo a deriderli. La situazione in cui si trova Tyrion, costretto a un processo in cui tutti e tre i giudici sono prevenuti contro di lui, è già da sola abbastanza eloquente. I Sette Dei non soccorrono in alcun modo il contadino derubato, e nulla impedisce il disturbante rapporto sessuale che si consuma nel tempio tra Jaime e Cersei (il cui carattere dissacrante è ben integrato a livello tematico, ma che a parte questo è un pasticcio narrativo e ne parlerò più avanti). La religione casomai interviene a sconvolgere ulteriormente gli equilibri, e infatti Stannis mette in luce la coincidenza tra le morti dei due re e il rituale delle sanguisughe di Melisandre. E se poco prima Sandor ha fatto accenno a un codice che lo previene dal rubare, ora vediamo anche su questo, così come sulle leggi dell’ospitalità, c’è poco da fare affidamento.

In parallelo al “risveglio” di Sansa e alla messa in dubbio dei principi morali di Arya, Jon Snow sta imparando l’arte del pragmatismo, lasciandosi (speriamo) alle spalle la costante aria da ragazzino imbranato. Non è difficile renderlo un personaggio più intrigante rispetto al disastro delle stagioni passate, e nel frattempo la caratterizzazione dei wildings rimane sciatta (davvero gratuita e controproducente l’insistenza sul cannibalismo. Una scena di saccheggio in stile Vikings sarebbe stata più d’impatto), ma il miglioramento è comunque incoraggiante. Da cestinare invece la parentesi di Sam e Gilly nel bordello, ai cui interno si condensa il massimo della noia e dell’inutilità. Intendiamoci, non è che l’episodio nel complesso sia proprio movimentato. Ci sono scene eccessivamente lunghe, tra cui le vicende di Arya e Sandor (simpatiche, ma non raggiungono l’incisività di quelle della première) o quelle di Dragonstone (per quanto l’illuminazione finale di Davos sulla banca di Braavos rappresenti una novità promettente). Ma se queste sono perlomeno gradevoli e hanno un senso nel quadro generale, il dialogo nello squallido bordello non fa che incarnare uno dei vizi più brutti di Game of Thrones: allungare il brodo con insulsi litigi dall’imbarazzante infantilismo (Meera-Osha, Tyrion-Shae, Sam-Gilly), che forse rappresentano un tentativo fallito di accrescere la profondità dei personaggi coinvolti.

YOU ARE A HATEFUL WOMAN

Al contrario dei loro sconfitti avversari, i Lannister sono dotati di una spregiudicatezza che ha permesso loro di raggiungere importanti traguardi. Forse però non avevano ancora capito che “winter is coming” significa che nessuno, nemmeno loro, è immune all’ondata demolitrice dell’inverno. La morte di Joffrey è stata un evento cruciale che lo ha dimostrato nel modo più esplosivo, ma ci sono problemi radicati più in profondità. A dispetto della volontà Tywin, dichiaratamente orientato verso il bene della casata e disinteressato a quello dei singoli membri, i più sentiti e quotidiani rancori personali tra i famigliari stanno prendendo il sopravvento. E così, invece di unire i Lannister in un comune dolore, la morte del primogenito estremizza i conflitti interni e smaschera la mancanza di un forte obiettivo condiviso.

Breaker of Chains è dominato dall’oscurità persino attorno all’identità del nemico. E’ resa esplicita l’innocenza di Tyrion, che però viene trattato come colpevole dal resto della sua famiglia. Sugli autori dell’avvelenamento non è ancora stata fatta chiarezza: Olenna si limita ad illustrare i vantaggi del decesso alla nipote, Petyr per ora è solo “colui che sapeva” (ironico comunque che questa rivelazione avvenga nella stessa puntata in cui si afferma che un re debba fidarsi dei propri consiglieri), mentre le insinuazioni di Tyrion sul padre (confidate a Podrick in un altro bel dialogo, che oltre a esprimere questa confusione è illuminato da una rara scintilla di toccante umanità) rimangono prive di prove. Persino Oberyn può conoscere con certezza solo l’esecutore dell’omicidio della sorella, in quanto Men at war commit all kinds of crimes without their superiors’ knowledge.

Mi piace il clima generale della puntata. La sua relativa coesione nel raccontare il disorientamento e la mancanza di appigli. Succede pochissimo, ma dopo una svolta come quella della morte di Joffrey trovo quasi azzeccato questo suo carattere interlocutorio e “autunnale”. Ciò che non accetto è la qualità scadente che si respira in specifici punti, con passi falsi che raggiungono talvolta livelli di gravità preoccupanti. Oltre ai problemi della storyline del nord, oltre scelta di insistere sulla vita sessuale di Oberyn per la terza puntata di fila, oltre a quando Tywin parla dell’esistenza dei draghi come se fosse una cosa normale, c’è il tanto chiacchierato stupro tra Jaime e Cersei.

Parlo di stupro perché è questo ciò viene mostrato, visto il rifiuto espresso da Cersei dall’inizio alla fine della scena, ma su quali fossero le reali intenzioni degli autori c’è ancora parecchia confusione. Il regista Alex Graves nelle sue dichiarazioni parla di un rapporto che “diventa consensuale”, mentre i commenti all’episodio da parte di Benioff fanno sospettare un intento diverso. Il web è stato invaso da articoli e discussioni sulle implicazioni etiche del rappresentare lo stupro in quel modo e del ritenere consensuale un rapporto rappresentato in quel modo. Al di là della possibile indignazione morale (che non condivido per una serie di motivi), ciò che mi interessa è il funzionamento della scena incriminata all’interno del racconto, e in entrambi i casi essa è fonte di grossi problemi: se si voleva trasmettere l’idea di una Cersei che acconsente, l’obiettivo è fallito, e la prossima settimana ci troveremo di fronte a comportamenti dei personaggi che stonano con quanto accaduto; se doveva trattarsi effettivamente di uno stupro, l’azione si inserisce male nel percorso interiore di Jaime. Per rendere credibile un simile gesto nei confronti dell’amata sorella (specialmente dopo il salvataggio di Brienne da un altro stupro e dopo un percorso di “redenzione” compiuto nella terza stagione, per quanto sia semplicistico dire che Jaime  è “diventato buono”), la cosa andava come minimo preparata meglio, approfondendo di più l’evoluzione del loro rapporto.

Per avere la conferma delle intenzioni degli autori e vedere gli sviluppi successivi possiamo solo aspettare. Ma in ogni caso è un peccato vedere simili esempi di cattiva scrittura, che danneggiano una serie di per sé interessante.

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