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Game of Thrones – 3×04 – And Now His Watch is Ended (Neofiti)

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Disclaimer: Ciao. Questo articolo è esattamente identico all’altro che compare in home; l’unica differenza è che qui commenta chi NON ha letto i libri di George R. R. Martin della saga A Song of Ice and Fire e può solo fare ipotesi, non spoiler, sull’avanzamento della trama.
Per spiegarci meglio: Su intelligente suggerimento di un utente (Rampion), abbiamo infatti deciso di seguire l’esempio di The A. V. Club e sdoppiare l’articolo per consentire a tutti di discutere in tutta tranquillità dell’episodio, senza preoccuparsi di spoiler che possano rovinare la visione della serie. Pertanto, i commenti in calce a questo articolo sono riservati solo agli utenti che non hanno letto i romanzi da cui è tratto lo showNessuno spoiler sarà tollerato.

La prima, la più evidente differenza fra And Now His Watch is Ended e gli episodi della terza stagione che, fino ad ora, l’hanno preceduto è una differenza di tipo strutturale, impossibile da non notare se solo si presta un po’ di attenzione: dove fino a questo momento la serie si era limitata a prendere tutte le storyline messe in ballo da vecchi e nuovi personaggi e dare loro più o meno la stessa importanza narrativa, suddividendo nei fatti ogni episodio in un numero incalcolabile di sottoepisodi, quasi sempre indipendenti l’uno dall’altro, che si limitavano a seguire questa o quella linea narrativa, ponendole tutte sullo stesso piano, in questo quarto episodio finalmente la struttura comincia a dare dei segni di cambiamento.

Non fraintendetemi: naturalmente il tutto è ancora molto frammentario, a parecchi personaggi non vengono concesse che scene di pochi secondi e non sempre incisive abbastanza da lasciare qualcosa nello spettatore che, magari, sarebbe più interessato a seguire le vicende di qualcun altro, ma nonostante questi difetti la palese volontà di And Now His Watch is Ended di costruire una struttura organica, tutta in crescendo, proiettata verso il climax della potentissima scena finale, è a mio parere evidente, e va premiata.

A King’s Landing fervono i preparativi delle nozze fra una sempre più consapevole del proprio ruolo e delle proprie potenzialità Margaery ed un sempre più perdutamente innamorato Joffrey, che assieme a Cersei porta la futura sposa e la nonna Olenna in giro per il Great Sept, in un tripudio di eccitazione. La scena cardine di questa sequenza è sicuramente quella in cui finalmente Margaery riesce una volta e per tutte a sottrarre Joffrey dall’autorità materna (sempre che il ragazzo vi sia mai stato, come sottolinea Tywin nel corso di un bellissimo dialogo con la figlia poco più tardi), organizzando per lui un vero e proprio bagno di folla attraverso il quale Joffrey riceve l’approvazione del popolo quasi per interposta persona: il duro lavoro di Margaery per attirarsi le simpatie della popolazione dà infatti finalmente i suoi frutti, riflettendosi anche su Joffrey, che da sovrano odiato e disprezzato diventa improvvisamente rispettato ed amato per il solo fatto di aver voluto Margaery al proprio fianco.

Vero protagonista delle scene ambientate a King’s Landing è però, effettivamente, Varys: a lui toccano in sorte alcuni dei dialoghi più interessanti ed intriganti dell’episodio (specialmente il primo, con Tyrion, a proposito della vera storia della sua evirazione: un racconto intenso ed anche abbastanza agghiacciante, e non del tutto privo di una certa macabra ironia), nonché il gravoso compito di portare avanti il gioco dei troni rimasto un po’ in ombra, recentemente.

Altrove, osserviamo con dolore l’aftermath della perdita della mano – la mano della spada – da parte di Jaime, di fronte ad una sempre più sconvolta Brienne. Le scene che li vedono coinvolti sono in assoluto fra le più dure dell’episodio, e pur se inutilmente gratuite ad una prima occhiata servono invece allo spettatore per interiorizzare il concetto di quanto il Kingslayer fosse disprezzato al di fuori delle mura dorate di King’s Landing. Non solo: il confronto fra Jaime e Brienne è impietoso, e la donna ne esce vincitrice senza appello; è solo grazie al suo duro ma sobrio rimprovero che, infatti, Jaime riesce a riacquistare il controllo di se stesso ed a capire che lasciarsi morire dopo aver perso la mano non sarà di alcun aiuto.

Le vicende della prole di casa Stark subiscono quasi tutte una battuta d’arresto: mentre le storyline di Jon e Robb vengono messe momentaneamente da parte (d’altronde, sono quelle che meno avrebbero avuto da dire in un episodio come questo), Sansa si limita ad essere l’oggetto degli intrighi politici di Littlefinger contrapposti a quelli di Varys e dei Tyrell, ed il giovane Bran ci viene mostrato ancora semplicemente in viaggio in compagnia dei fratelli Reed; discorso diverso per Arya, che invece viene finalmente scortata nel covo della Brotherhood without Banners, dove fa la conoscenza di Beric Dondarrion, leader della Fratellanza, e dove finalmente riesce a confrontarsi con Sandor, accusandolo di omicidio e contribuendo alla sua condanna al trial by combat.

Il premio per la storyline più disturbante dell’episodio se lo contendono le due più cupe finora raccontate: da un lato, il conflitto che tremava nell’aria già dallo scorso episodio, fra i superstiti della Night’s Watch e Craster, finalmente esplode, generando una rissa che finisce nel caos ed ha l’unico effetto di distruggere tutto ciò che restava della Guardia; dall’altro, invece, non si possono che sentire dei brividi veri mentre si osserva il dipanarsi della storyline di Theon: da neofita, posso dire che non mi aspettavo minimamente un risvolto simile per lui, e che pur non arrivando a provare empatia per uno dei personaggi meno simpatetici dell’intero show, mi è quasi sfuggita un’esclamazione di pietà mentre osservavo ciò che restava di tutte le sue speranze venire distrutto in maniera così crudele e perversa.

La parte del leone, però, assieme al climax dell’episodio ed alla lunga, splendida sequenza finale, tocca ovviamente a Daenerys. Che il suo confronto finale con Kraznys, master degli Unsullied, potesse prendere questa piega era ampiamente ipotizzabile dall’estrema freddezza e sicurezza di sé che la Khaleesi aveva dimostrato nel confronto dello scorso episodio con Jorah e Barristan Selmy, ma la prevedibilità non sottrae in alcun modo potenza alla scena, e non deruba Daenerys di un solo briciolo del carisma e dell’intensità che l’impeccabile interpretazione della Clarke riesce a donarle. Applausi a scena aperta per la scena in assoluto migliore della terza serie fino ad adesso, scena che consacra definitivamente Daenerys come l’eroina più credibile e caratterialmente forte della serie, e che ha in più l’indubbio merito di concludere l’episodio con un’esplosione che permette, in retrospettiva, di perdonare la lentezza preparatoria della prima metà dello stesso e, a mio parere, un po’ anche degli episodi precedenti.

Se dovessi necessariamente paragonare Game of Thrones a qualcosa, sarebbe probabilmente un’enorme macchina da guerra dei tempi antichi: un ingranaggio complesso, non di facile utilizzo e non adatto a tutti, che ha bisogno di un lungo periodo di rodaggio per mettersi in moto, ma che quando riesce a farlo mostra senza problemi la perfetta precisione dello studio dietro il movimento dei suoi ingranaggi, costringendoti a fissarla ammirato.

L’episodio sarebbe probabilmente da OK, facendo una media ponderata. Ma chi se ne frega delle medie ponderate. DRACARYS!

Fuck Yeah

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